mimmo002 ha scritto: ora...... signori economisti SPIGATEMI le teorie economiche di keynes e la spesa pubblica con moneta sovrana,
e la differenza con il NEOLIBERISMO che prevede massima privatizzazione, acqua, scuole, sanita, strade ed autostrade, carceri, comunicazioni e telecomunicazioni, ecc.ecc.
SPIEGATEMI grazie

Sono fondamentalmente uno l'opposto dell'altro.
Vedo se riesco a rispolverare gli studi di economia di tanti anni fa…
Per spiegartelo devo fare un salto indietro, alla fine dell'800 inizio '900.
Era in auge la filosofia economica del Liberismo, dove "il mercato è la mano invisibile che aggiusta tutti i problemi", lo Stato non deve fare nulla, se non le infrastrutture (ferrovie, ponti, scuole, etc) per favorire il mercato. Era una delle tante filosofie economiche del capitalismo ed è stata quella adottata dagli Stati Uniti.
Con la crisi del '29 si è dimostrato che quella tesi era errata!
Il mercato NON riesce a correggere certe distorsioni, soprattutto quelle che riguardano la domanda, più che l’offerta.
Se la "domanda aggregata" non riesce a reggere l'offerta dei beni/servizi prodotti, il meccanismo si inceppa e genera recessione. Per cui la gente non ha soldi, non riesce a comperare beni. Il prezzo dei beni si abbassa diminuendo gli utili, per permettere alla gente di comperarli. L'abbassamento degli utili genera la chiusura di attività economiche "al limite" del mercato e quindi disoccupazione (generata dal licenziamento di chi lavorava in quelle imprese).
Ma così facendo la "domanda aggregata" scende ulteriormente, dato che ci sono più persone disoccupate e quindi con minore capacità di acquistare beni. I beni tornano a ridursi di prezzo fino al limite di "sopravvivenza" della azienda che poi chiude se arriva al "limite di mercato", e avanti così.
Keynes ha tirato fuori l'uovo di Colombo: occorre sostenere non il mercato, ma la domanda.
Se la gente non ha un reddito, occorre darglielo a spese dello Stato, che quindi DEVE intervenire nell'economia, con sussidi, aziende di stato, etc.
Lui diceva che occorreva fare lavorare la gente, anche facendo scavare buche un giorno e chiudendole il giorno dopo. Se lo Stato investe in questo modo una certa cifra, si sviluppa un effetto positivo (detto moltiplicatore) nell'economia, che permette allo Stato di rientrare poco a poco dei soldi spesi, grazie alle tasse applicate ai consumi e alla produzione.
Lo Stato quindi non deve avere un bilancio in pareggio, ma deve essere
- in attivo nei periodi di espansione economica (cioè deve tassare molto, per racimolare i fondi da tirare fuori nelle crisi. Cosa che faceva Prodi, dato che durante i suoi governi, il PIL era sempre molto elevato)
- in passivo nelle crisi (parchè deve sborsare soldi per sostenere la domanda e abbassare le tasse per aiutare i produttori che a loro volta rientrano nel circuito della domanda delle materie prime. E in questi casi Berlusconi invece è stato decisamente meno bravo, dato che ha aumentato le tasse con PIL risibili o addirittura in calo

).
Quanto stanziare per innescare il moltiplicatore è il vero problema.
Perchè non c'è una legge fissa e la cosa si interseca con la legge dell'inflazione monetaria.
I beni pubblici devono essere parzialmente controllati dallo Stato per evitare manovre speculative degli imprenditori: acqua, energia, servizi pubblici in genere sono una sorta di “bene rifugio” dell’economia. Puoi non comperare l’auto nuova, puoi mangiare pane e cipolla, ma beni completamente fungibili come luce, gas e telefono ti servono e non hanno sostituti, per cui un imprenditore privato potrebbe decidere di aumentare mostruosamente i prezzi (generando un calo della domanda aggregata, tanto cara a Keynes).
Purtroppo l’applicazione errata dalla spesa pubblica dello Stato ha generato i super debiti delle grandi potenze industrializzate e questo debito non consente più di attuare una economia Keynesiana, dato che gli interessi sul debito, martellano il sistema e nelle fasi di espansione, e il surplus di tasse a mala pena coprono gli interessi e non intaccano il debito, obbligandolo ad aumentare nella successiva fase di recessione e generando un mostro economico.
Il Neoliberismo riporta in auge il liberismo, sostenendo la liberazione dell'economia dallo Stato, la privatizzazione dei servizi pubblici per fare cassa, la liberalizzazione di ogni settore non strategico e la fine di ogni chiusura doganale, abbattendo quindi la spesa pubblica (mantenendo la tassazione per poter ripianare il debito pubblico).
Questo ha permesso la creazioni di grandi capitali privati (che acquistavano imprese pubbliche floride per un tozzo di pane), e l’impoverimento ulteriore delle classi più povere (che si sono visti negare i sussidi e i servizi pubblici a tariffe agevolate), perché si torna al Mercato ottocentesco... dove il "mercato" è sovrano e lo Stato non deve mettere il becco. Certamente per l’Inghilterra della Thatcher e gli USA di Reagan questo ha significato l’uscita dalla crisi degli anni ’70.
Ma questo modello si è dimostrato a sua volta fallimentare ed ora è considerato anche lui sorpassato e ci si è spostati verso il Monetarismo... e la storia continua, perché anche questo negli ultimi 5 anni è entrato in crisi e si stava cercando di trovare la nuova “panacea di tutti i mali economici”, quando è arrivata la nuova super crisi, affrontata in maniera strana, non sostenendo la domanda in stile Keynesiano, ma l’offerta (in stile socialista

), con lo Stato che finanzia e/o acquista i mezzi di produzione e le aziende.
Ovviamente come tutte le “filosofie” e le scienze "deboli", non esiste una formula definitiva, soprattutto perché la società si evolve e si creano fenomeni che prima non esistevano, come ad esempio la "stagflazione", che è inflazione in un periodo di crisi, per cui i prezzi non scendono (ma salgono) eppure le imprese chiudono e la domanda aggregata scende.
Ogni “guru” dell’economia ha le sue idee, ma non è facile metterle in atto e sapere se sono corrette o meno, perché l’economia ha un solo laboratorio: l’applicazione nel mondo reale. Per cui se qualche economista arriva nelle stanze dei bottoni e prova a mettere in pratica la sua teoria, solo in quel momento si vede se è funzionante o meno.
Insomma, non è come la matematica, la fisica o la chimica. L’economia è più come la psicologia… lavora sui grandi numeri, genera le tendenze, ma non da le certezze.
Spero di essere stato chiaro, anche se molto prolisso
