Già, era una voce che lessi della vecchia Accademia della Farina dei Semi di Lino, pubblicata dal Vernacoliere (Livorno Cronaca) degli anni '80-'90.
"Casamicciola (1883), Messina (1908), Avezzano (1915), il Polesine (1951), il Vajont (1963), Firenze (1966), il Friuli (1976), l’Irpinia (1980): questi solo alcuni dei luoghi dove si sono consumate terribili tragedie rimaste profondamente impresse nella memoria, nella coscienza e nell’immaginario della collettività nazionale. Tramandati di generazione in generazione, i nomi di queste località si sono trasformati addirittura in lessico ancora comunemente usato, almeno in certe zone d’Italia e da persone di una certa età, anche se sono andate perdute le ragioni lontane di tali espressioni: per esempio, dal terremoto di Casamicciola del 1883 è rimasta l’espressione ‘fare Casamicciola’, oppure ‘cos’è Casamicciola?’ sempre per indicare situazioni concrete o figurate di caos, confusione, disordine…"
Pare sia stato un modo di dire molto in voga nei primi del '900, forse per le contaminazioni inevitabili che hanno tutte le città di porto.
http://www.epii-gn.org/ssati/Laboratori ... rgenza.htm