da mimmo002 » dom nov 03, 20:19:17
XIII LEGISLATURA
COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA
SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITÀ’
ILLECITE AD ESSO CONNESSE
SEDUTA DI MARTEDÌ’ 7 OTTOBRE 1997 PARTE SEGRETA
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA
SONO PRESENTI IL DEPUTATO GIANFRANCO SARACA ED I SENATORI GIOVANNI LUBRANO DI RICCO, ROBERTO NAPOLI
E GIUSEPPE SPECCHIA
AUDIZIONE DEL COLLABORATORE DI GIUSTIZIA CARMINE SCHIAVONE
Audizione di
CARMINE SCHIAVONE.
PRESIDENTE. Premesso che questa è una delegazione della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, ricordo al nostro interlocutore che siamo qui per ricevere da lui tutte le informazioni che potrà fornirci proprio in ordine a questa attività: in particolare, vorremmo sapere quando, come e perché il clan dei Casalesi abbia cominciato a interessarsi della questione dei rifiuti, quali collegamenti lo stesso clan avesse con varie ditte ed in quali settori del ciclo (raccolta, trasporto, smaltimento).
CARMINE SCHIAVONE. Consegno innanzitutto alla Commissione la copia di alcuni documenti, i cui originali sono già a disposizione della DNA e della DDA, riguardanti, tra l’altro, le amministrazioni provinciali di Massa Carrara e di Santa Croce sull’Arno e la regione Campania; nella stessa documentazione figura l’elenco delle società e dei camion che trasportavano i rifiuti. Anche se qualcosa è andato perso, ho ritrovato parte del carteggio, di cui consegno copia alla Commissione.
PRESIDENTE. Tutto questo per quanto riguarda le prove documentali. Vorrei però che lei ci spiegasse da quale momento inizi tale vicenda, nonché come si sia comportato il clan dei Casalesi.
CARMINE SCHIAVONE. La vicenda è iniziata nel 1988; all’epoca mi trovavo ad Otranto e vennero da me l’avvocato Pino Borsa e Pasquale Pirolo, i quali mi fecero una proposta relativa allo scarico di fusti tossici e quant’al-tro. Poiché mi ero interessato dei rilevati della superstrada in costruzione nonché del gruppo Italstrade e di altre società come la Ferlaino e la CABIB, che all’epoca stavano operando ai Regi Lagni, dissi che vi erano circa 240 ettari di terreno scavati alla profondità di 15-20 metri ed
assicurai che avrei parlato con tutti, anche perché facevo parte del reparto amministrativo del clan, non di quello militare.
Andai allora a Casal di Principe, dove c’erano Mario Iovine e mio cugino; parlammo tutti e tre del fatto che avevo ricevuto una proposta relativa allo scarico di fusti e casse che venivano da fuori. Mi si rispose che sarebbe stato un buon business per far entrare nelle casse del clan soldi da investire, ma il paese sarebbe stato avvelenato, perché i rifiuti avrebbero inquinato le falde acquifere: infatti, molti degli scavi già realizzati erano limitrofi alle stesse falde acquifere.
PRESIDENTE. Si trattava di un’attività estrattiva dalle cave? Vi erano già delle cave?
CARMINE SCHIAVONE. No, erano tutti scavi abusivi. Ricordo di aver accompagnato i rappresentanti della Criminalpol, dello SCO (con Nicola Cavaliere), nei luoghi di quelle che non erano cave ma scavi che poi sono stati chiusi. Infatti, per realizzare le superstrade si predispone prima il rilevato, circa 4-5 metri al di sotto: nei capitolati emanati dall’amministrazione di lavori pubblici si prevedeva che sotto la strada, per garantirne la tenuta, dovesse esservi sabbia insieme ad altri detriti speciali. Tuttavia, per costruire in fretta le strade si usava del terreno, ed in particolare uno strato che possiamo definire paesano, non cretoso, che era più friabile e veniva mescolato con un po’ di sabbia. In questo modo si realizzava il rilevato e si risparmiava sull’importo che veniva da Roma. Tra l’altro, vi era una situazione satellitare di subappalti, una sorta di meccanismo di scatole cinesi, per cui le imprese lavoravano in quel modo.
A tal fine venivano realizzati questi pozzi, queste vasche, questi scavi, in cui si arrivava sistematicamente fino al punto in cui usciva 1′acqua.
PRESIDENTE. Questo è il problema: in sostanza, lo scavo arrivava fino alla falda?
CARMINE SCHIAVONE. Sì, e la superava; dal di sotto usciva anche un altro materiale che in dialetto viene definito “scarena”. Si creava così una piattaforma, in un primo momento con gli escavatori a braccio e successivamente con quelli a corda, che consentivano di scendere 5, 6, 7 metri sotto la falda acquifera. Disponevamo quindi di scavi profondi circa 20-24 metri, sui quali esiste un’ampia documentazione che credo sia in possesso dello SCO, della Criminalpol (all’epoca c’era Cavaliere).
Pensavamo quindi di riempire tutti quei terreni con questo materiale, il che mi fu però vietato perché – come seppi in seguito – era già iniziato di nascosto il traffico dei rifiuti, d’accordo con l’avvocato Chianese e con altre persone.
PRESIDENTE. Chi aveva iniziato questo traffico?
CARMINE SCHIAVONE. L’avevano iniziato mio cugino Sandokan e Francesco Bidognetti, insieme ad un certo Cerci Gaetano, che aveva già intrattenuto rapporti con dei signori di Arezzo, Firenze, Milano e Genova; il coordinamento generale era comunque curato dall’avvocato Chianese. Ecco perché mi fu detto che in quel modo avremmo avvelenato le falde acquifere e così via.
PRESIDENTE. Lei è a conoscenza del fatto che abbiano sversato rifiuti?
CARMINE SCHIAVONE. Sì.
PRESIDENTE. L’avevano già fatto nel momento in cui le veniva avanzata la proposta di smaltire rifiuti tossico-nocivi e lei si poneva il problema di dove collocarli?
CARMINE SCHIAVONE. Non avevo questo problema, perché avevo in consegna
tutti quegli scavi, attraverso le nostre imprese.
PRESIDENTE. Le avevano comunque proposto di riversare rifiuti tossico-nocivi in quegli scavi; lei stava esaminando la questione ma è venuto a sapere
che gli stessi scavi erano già stati usati dalle persone che ha citato per seppellire fusti di rifiuti pericolosi?
CARMINE SCHIAVONE. Sì, è così. Non avendo allora alcuna prova, ho avuto tale convincimento negli anni novanta. Ricordo peraltro che mi ero impegnato con coloro che ci avevano venduto il terreno in cui erano collocati gli scavi, oppure ce lo avevano dato in gestione, a garantire un compenso di 7-10 milioni l’ettaro. Quegli scavi dovevano essere riempiti con il terreno dei Regi Lagni, che gestivamo noi: si trattava, in particolare, di due rivoli d’acqua in mezzo ai quali vi era una piattaforma di terreno che li divideva. Poiché si doveva invece realizzare un unico corso d’acqua navigabile che partiva da Nola ed arrivava alle foci del Volturno, quindi al mare, tutto quel terreno doveva essere smaltito. A tal fine, ci eravamo impegnati a riempire le suddette cave con questo terreno, che in realtà fu usato in parte solo per coprire i rifiuti.
PRESIDENTE. Si tratta di una vicenda molto complessa: lei sta affermando che nei Regi Lagni vi era una piattaforma di terreno…
CARMINE SCHIAVONE. Si estendeva da Nola…
PRESIDENTE. Conosciamo grossomodo il punto in cui si trova il canale (l’abbiamo anche visitato). Quindi, vi era una piattaforma di terreno e vi eravate impegnati con coloro i quali vi avevano dato in affitto i terreni da cui trarre materiale per il rilevato stradale a ricoprire gli scavi con questo terreno.
CARMINE SCHIAVONE. Questo terreno non era, per così dire, paesano, ma era cretoso. Avremmo dovuto comunque riempire gli scavi con quel terreno.
PRESIDENTE. Il problema era prendere il terreno dai Regi Lagni…
CARMINE SCHIAVONE. Siamo stati noi a realizzare il lavoro, non la CABIB o la Ferlaino. Questi erano appaltatori, come consorzio ICAR, insieme ad altri.
PRESIDENTE. Si riferisce sempre ai Regi Lagni?
CARMINE SCHIAVONE. Sì. Lo stesso discorso riguarda il gruppo Italstrade ed altre società interessate.
PRESIDENTE. Le società che realizzavano l’opera stradale di cui ha parlato prima erano le stesse che dovevano realizzare delle opere sui Regi Lagni?
CARMINE SCHIAVONE. Il gruppo Italstrade, che poi passò tutto in subappalti (i 16 miliardi iniziali divennero migliaia), doveva realizzare la superstrada che univa Caserta al lago di Patria e a Castel Volturno. Si trattava del collegamento esterno per tutta la provincia di Caserta, che arrivava fino a Napoli e a Nola. Un altro lotto, che partiva dopo Caserta, veniva gestito in parte da noi attraverso i nostri gruppi di Acerra ed in parte dal gruppo Alfieri, collegato a noi. Infatti, lo stesso Alfieri era nostro capo zona fino al 1988.
PRESIDENTE. Completiamo il discorso relativo alla connessione esistente tra le opere da realizzare sui Regi Lagni e la superstrada di Caserta.
CARMINE SCHIAVONE. Noi gestivamo entrambe le realizzazioni.
PRESIDENTE. Vi saranno state delle società che operavano, almeno formalmente.
CARMINE SCHIAVONE. Erano le nostre società che operavano, vi era quella di Giuseppe Natale; tutto questo risulta già alla Direzione nazionale antimafia e alla direzione distrettuale già dal 1993.
PRESIDENTE. Sia le società che operavano sui Regi Lagni sia quelle che operavano sulla superstrada Caserta-Napoli…
CARMINE SCHIAVONE. Incassavano i mandati da Roma, ma in effetti tutto veniva gestito tramite subappalti.
PRESIDENTE. Era il clan dei Casalesi che gestiva questi subappalti?
CARMINE SCHIAVONE. Sì.
PRESIDENTE, quindi, voi potevate prendere la terra da una parte e portarla
a qualche chilometro di distanza?
CARMINE SCHIAVONE. Potevamo fare tutto. Prendevamo la terra, i mezzi, tutto.
PRESIDENTE. Lei ha detto che formalmente l’Italstrade era la società titolare. ..
CARMINE SCHIAVONE. Era una delle società titolari per quanto riguarda la superstrada, mentre 1′ICAR era un consorzio di cui facevano parte Ferlaino, Milani e molte altre di quelle 15-16 società che si riunirono e gestirono l’opera dei Regi Lagni. A seconda delle diverse zone, avevamo le nostre ditte o quelle a noi vicine, che ci favorivano in vari modi, per esempio pagandoci tangenti, e che operavano in tutta questa zona. Quindi, il terreno veniva gestito da noi: una parte fu venduto a contadini che ne avevano bisogno, ad esempio, per rialzare i propri terreni. Quindi, i camionisti andavano a scaricare il terreno, che veniva venduto ai contadini per consentire loro di installare frutteti e quant’altro.
Nei primi progetti di cui si cominciò a discutere negli anni 1982-1983, la cui realizzazione iniziò un po’ più tardi, era previsto che si sarebbe dovuto scavare per i primi rilevati nel 1986-1987 (infatti, nella nostra zona si iniziò nel 1987); era già deciso che si sarebbero
effettuati gli scavi, i quali sarebbero stati poi riempiti con altro terreno. Tuttavia, i contadini non sapevano con che tipo di terra sarebbero stati coperti gli scavi.
Nel 1990 mio genero mi disse che i carabinieri erano stati da lui ed avevano trovato tre fusti di rifiuti tossici; presentò allora una regolare denuncia. Tra l’altro, quel terreno non era suo ma della parrocchia; poiché il parroco aveva celebrato il matrimonio della mia prima figlia, per aiutarlo gli fece scavare il terreno. Chiamai quindi mio cugino e gli chiesi: “A che gioco stiamo giocando?”. Gli dissi che dietro il campo sportivo c’erano sei ettari di terreni suoi e del cognato Natale.
PRESIDENTE. In quale località?
CARMINE SCHIAVONE. A Casal di Principe, dietro il campo sportivo e nei pressi della superstrada. Generalmente, infatti, trattavamo terreni non troppo lontani dalla stessa superstrada e proprio lì erano stati trovati i fusti. Fui comunque informato che in quel punto arrivavano camion da fuori; ad un certo punto, chiamai una persona e le chiesi di darmi tutti i documenti relativi a tale situazione (vi erano altri documenti che ora sono andati persi). Rilevai allora che nelle casse del clan non entravano soldi relativamente ai rifiuti, mentre quel traffico era già in atto. Mi riferisco alla cassa del clan con cui si pagavano i mensili agli affiliati, le spese relative ai latitanti, gli avvocati e così via: le uscite complessive erano pari a circa 2 miliardi e mezzo al mese, tra compensi agli affiliati e spese extra.
Mi risposero che avremmo parlato della questione osservando, come scusa, che forse quell’attività era stata avviata da Cicciotto con il nipote, mentre in realtà vi era implicato anche mio cugino, che teneva per sé il ricavato. In questo modo, ottenemmo il versamento di una quota.
Potei però constatare che tutte le cave erano sistematicamente piene di immondizia, così come lo erano quelle scavate da un altro nostro consorzio (la CONCAV) che operava sulla Domiziana, dove scavava sabbia: avevamo, al riguardo, la licenza per allevamenti ittici, mentre in realtà
si prendeva sabbia per il calcestruzzo e per le costruzioni e poi le vasche venivano sistematicamente riempite di rifiuti.
Nel 1992 sono stato arrestato e da quel momento in poi non so come siano andate le cose; fino a quella data, tuttavia, arrivavano camion…
PRESIDENTE. Se questa attività volta a seppellire abusivamente rifiuti negli scavi realizzati veniva attuata a sua insaputa…
CARMINE SCHIAVANE. Questo è accaduto la prima volta.
PRESIDENTE. Poi lei se ne è accorto; ma in precedenza ciò avveniva a sua insaputa.
CARMINE SCHIAVONE. I soldi entravano nelle casse del clan da tutt’altra attività.
PRESIDENTE. Vi era però qualcuno che, per intenderci, non era molto rispettoso delle leggi del clan.
CARMINE SCHIAVONE. Sì, è così.
PRESIDENTE. Si trattava di suo cugino?
CARMINE SCHIAVONE. Sì, si trattava di mio cugino, di Mario Iovine e di Bidognetti che aveva organizzato questo traffico insieme al fidanzato della nipote.
PRESIDENTE. Fino ad ora abbiamo compreso in che modo funzionasse il meccanismo. A questo punto, al di là della documentazione di cui lei è in possesso, vorremmo sapere in maniera più dettagliata se, una volta che l’affare è venuto alla luce, sia stato fatto proprio da tutto il clan.
CARMINE SCHIAVONE. Sì, è così.
PRESIDENTE. Quindi, dopo il 1990 il clan ha deciso di orientarsi sui rifiuti?
CARMINE SCHIAVONE. Sì. Da quell’affare si traeva una quota, anche se inferiore a quella che poteva essere.
PRESIDENTE. Quindi, quello che fino al 1990…
CARMINE SCHIAVONE. Fino a quel momento hanno rubato.
PRESIDENTE. …avveniva di soppiatto all’interno del clan, diventa poi attività propria di quest’ultimo.
CARMINE SCHIAVONE. Fino al 1990 sapevamo che veniva portata l’immondizia di Santa Maria Capua Vetere, perché le discariche erano tutte piene, sia a Parete, sia ad Aversa e nella zona circostante. Quindi, sapevamo che arrivava quell’immondizia.
PRESIDENTE. La mia era una domanda precisa: quando, al di là di quello che lei ha definito furto all’interno del clan, quest’ultimo ha deciso che l’attività di smaltimento…?
CARMINE SCHIAVONE. Quando io li ho scoperti.
PRESIDENTE. Vi sarà stata una decisione: quando quello dei rifiuti è diventato un settore di attività del clan?
CARMINE SCHIAVONE. Questa situazione diventò subito operativa e cominciarono a versare soldi nelle casse dello stato…
PRESIDENTE. Vuole dire nelle casse del clan?
CARMINE SCHIAVONE. E’ lo stesso, più o meno.
PRESIDENTE. Perché dice che è lo stesso?
CARMINE SCHIAVONE. Mi confondo. Mi riferivo alle casse del clan: era un clan di stato…
PRESIDENTE. Il vostro stato!
CARMINE SCHIAVONE. La mafia e la camorra non potevano esistere se non era lo Stato… Se le istituzioni non avessero voluto l’esistenza del clan, questo avrebbe forse potuto esistere?
PRESIDENTE. Su questo aspetto le rivolgeremo domande più puntuali. Concludendo questa prima parte, ricordo che lei ha affermato che nel 1990 (ci confermi questa data) il clan dei Casalesi decide…
CARMINE SCHIAVONE. Si è deciso di versare quote nella cassa. All’epoca tenevo ancora il relativo registro, in cui figurava che per l’immondizia entravano 100 milioni al mese, mentre poi mi sono reso conto che in realtà il profitto era di almeno 600-700 milioni al mese.
Sono inoltre al corrente del fatto che arrivavano dalla Germania camion che trasportavano fanghi nucleari, che sono stati scaricati nelle discariche, sulle quali sono stati poi effettuati rilevamenti aerei tramite elicotteri: da qualche verbale dovrebbe risultare che ho mostrato quei luoghi. Evidentemente vi è stata qualche fuga di notizie e sono state fatte rinvenire delle immondizie poste come una barriera sulla strada davanti al cimitero, appunto per sfidare lo Stato e dimostrare che potevano addirittura scaricare l’immondizia su una strada, sbarrandola.
PRESIDENTE. Lei è in grado di indicare con precisione alla Commissione (sappiamo che al riguardo sono state svolte delle indagini) i siti in cui sono stati interrati rifiuti pericolosi, in particolare tossico-nocivi e radioattivi?
CARMINE SCHIAVONE. Sì, ho mostrato tutti i posti all’autorità giudiziaria.
PRESIDENTE. Dalle prospezioni effettuate si è appurato il tipo di rifiuti?
CARMINE SCHIAVONE. Vi erano fusti che contenevano tuolene, ovvero rifiuti provenienti da fabbriche della zona di Arezzo: si trattava di residui di pitture.
PRESIDENTE. Solventi?
CARMINE SCHIAVONE. Sì, materiali del genere. I rifiuti venivano anche da Massa Carrara, da Genova, da La Spezia, da Milano.
PRESIDENTE. Questo aspetto riguarda le provenienze. Vorremmo però sapere quali tipi di rifiuti siano stati interrati. Lei ha parlato anche di rifiuti radioattivi.
CARMINE SCHIAVONE. Vi sono molte sostanze tossiche, come fanghi industriali, rifiuti di lavorazione di tutte le specie, tra cui quelli provenienti da concerie. Vi era inoltre qualche camion che veniva dall’estero.
PRESIDENTE. Poiché lei ha parlato di rifiuti radioattivi, è al corrente di dove siano stati collocati?
CARMINE SCHIAVONE. Alcuni dovrebbero trovarsi in un terreno sul quale oggi vi sono i bufali e su cui non cresce più erba.
PRESIDENTE. Dove?
CARMINE SCHIAVONE. Vicino alla superstrada, in un terreno di Noviello.
PRESIDENTE. Ha mostrato quel luogo all’autorità giudiziaria?
CARMINE SCHIAVONE. Sì, li ho accompagnati in tutti i posti.
PRESIDENTE. Quindi, lei ha già mostrato all’autorità giudiziaria i luoghi in cui sono stati effettuati questi interramenti di rifiuti pericolosi?
CARMINE SCHIAVONE. Sì.
PRESIDENTE. Nel 1990 il clan dei Casalesi ha deciso che l’affare dei rifiuti dovesse essere portato avanti non più di soppiatto, ma secondo le leggi del clan.
CARMINE SCHIAVONE. Sì, è diventato un affare autorizzato, che faceva entrare soldi nelle casse del clan. Tuttavia, quel traffico veniva già attuato in precedenza e gli abitanti del paese rischiano di morire tutti di cancro entro venti anni; non credo, infatti, che si salveranno: gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno e così via avranno forse venti anni di vita!
PRESIDENTE. Perché afferma questo?
CARMINE SCHIAVONE. Lo dico perché di notte i camion scaricavano rifiuti e con le pale meccaniche vi si gettava sopra un po’ di terreno. Tutto questo per una profondità di circa 20-30 metri: nella zona di Parete o di Casapesenna, in cui la falda acquifera è più bassa, vi sono punti che si trovano a 30 metri.
PRESIDENTE. Lei parla di 30 metri…
CARMINE SCHIAVONE. Mi riferisco a 30 metri di profondità.
PRESIDENTE. Tutti riempiti con rifiuti?
CARMINE SCHIAVONE. Da una parte possono esservene per circa 6-7 metri, in altri punti per 10 metri, in altri ancora per un metro e mezzo e così via. Tutto questo avveniva sistematicamente; ad eccezione di quelli che si trovano nella zona di Villa Literno, in cui l’acqua usciva ad un livello più alto, sull’altro versante, quello del “Canciello ‘o monaco” (come viene definito), non dovrebbe esserci, perché si è scavato al massimo per 7 metri. Tuttavia, conoscendo l’ingordigia di tutti… Basti pensare che sulla Domiziana sono stati scaricati rifiuti di ogni genere nelle vasche in cui si era scavata sabbia per 30-40 metri.
Ricordo inoltre che fino a due anni fa le discariche non risultavano mai piene, perché facevano soltanto le fatture.
PRESIDENTE. Si riferisce al fatto che vi erano bolle di accompagnamento?
CARMINE SCHIAVONE. La bolla arrivava ed automaticamente…
PRESIDENTE. Il camion scaricava illegalmente i rifiuti nei terreni di cui lei ha parlato e non conferiva gli stessi rifiuti alla discarica autorizzata.
CARMINE SCHIAVONE. La discarica autorizzata faceva scaricare là attraverso i clan.
PRESIDENTE. Quindi, all’amministrazione tornava la bolla di accompagnamento con la registrazione di un conferimento effettuato legalmente.
CARMINE SCHIAVONE. Questi documenti lo comprovano: mi riferisco a quelli originali di cui è in possesso il dottor Lucio Di Pietro della Direzione nazionale antimafia, nonché il dottor Cafiero.
PRESIDENTE. Ne abbiamo sentito parlare: alcune amministrazioni davano a dei trasportatori il compito di portare via i rifiuti e di conferirli in una discarica.
CARMINE SCHIAVONE. Vi è anche una delibera relativa a Napoli risalente all’epoca in cui Fantini era
PRESIDENTE...
PRESIDENTE. Secondo la documentazione, alcune amministrazioni poste al di fuori della Campania davano l’incarico di trasportare e smaltire rifiuti in una discarica autorizzata…
CARMINE SCHIAVONE. Sì, nelle discariche autorizzate.
PRESIDENTE. Questo invece non accadeva.
CARMINE SCHIAVONE. Quanto alle discariche autorizzate, non so se vi fossero dei patti, in base ai quali sapevano…
PRESIDENTE. Ce lo dica.
CARMINE SCHIAVONE. Non glielo posso dire.
PRESIDENTE. Ce lo dica se lo sa.
CARMINE SCHIAVONE. Se vuole il mio parere personale, posso dire che lo sapevano; se però vuole una prova, non posso affermare di saperlo.
PRESIDENTE. In sostanza, lei dice che chi gestiva la discarica autorizzata…
CARMINE SCHIAVONE. …lo sapeva, certo. Quelli della Di.fra.bi., l’avvocato Chianese, quelli di Parete e di Aversa lo sapevano. Lo sapevano bene perché mandavano a scaricare nelle nostre discariche, dando un tot a chilo ed una percentuale mensile.
PRESIDENTE. Insomma, lei, pur non essendo in grado di provarlo, sostiene che i gestori della discarica… Io credo che lei lo dovrebbe sapere, visto che erano d’accordo con voi.
CARMINE SCHIAVONE. Onorevole, mica ci dobbiamo nascondere dietro…
PRESIDENTE. Dal punto di vista dell’amministrazione del suo clan, se avete dovuto pagare una quota ai gestori delle discariche autorizzate…
CARMINE SCHIAVONE. Erano le discariche autorizzate a pagare noi, non noi loro! In effetti, all’inizio si agiva in una certa legalità. Se, ad esempio, la Di.fra.bi. doveva scaricare fanghi tossici o non tossici nella sua discarica, quanto tempo ci avrebbe messo a riempirla? Forse, due giorni. Ecco allora che la Di.fra.bi. o la società di Chianese scaricavano nelle nostre cave e pagavano un tanto al chilo.
PRESIDENTE. Questo, allora, non è un sospetto!
CARMINE SCHIAVONE. Pagavano 500 mila lire a fusto, perché per distruggerli dovevano avere un’attrezzatura speciale, per cui ci volevano 2 milioni e mezzo. Allora, lui incassava per la ditta i 2 milioni e mezzo (o i 2 milioni) ed il clan incassava 500 mila lire a fusto. Era questo il fattore principale.
PRESIDENTE. A partire dall’epoca in cui questo traffico ha finito per essere – diciamo così – nascosto, lei è in grado di fare una stima di quante migliaia di tonnellate, di quanti camion…
CARMINE SCHIAVONE. Qui si parla di milioni, non di migliaia. Se lei guarda l’elenco che le ho consegnato, vedrà che ci sono 70-80 camion di quelli che smaltivano dal nord, tra i quali vi era anche un mio camion. Si tratta di milioni e milioni di tonnellate. Io penso che per bonificare la zona ci vorrebbero tutti i soldi dello Stato di un anno.
PRESIDENTE. Chi era il responsabile presso il clan del traffico dei rifiuti?
CARMINE SCHIAVONE. Il responsabile era Gaetano Cerci. Noi siamo nati mafiosi, con il gruppo Bontade e con Riccobono. Nuvoletta era il rappresentante regionale per la Campania. Poi ne siamo usciti nel 1984, dopo una guerra contro i Nuvoletta e contro il gruppo Ri ina. Noi eravamo dei perdenti, mentre a Napoli diventammo i vincenti. Tutto questo è ampiamente verbalizzato e penso che lei ne sia a conoscenza. Forse, lo vuol sapere per curiosità… Ammazzammo il direttore dell’ASI, una società collegata al gruppo Riina, ed assorbimmo l’UNICOP, un’industria conserviera di Teano. Inoltre, bloccammo 600 ettari di frutteto del gruppo Riina (con i Nuvoletta) e mandammo via gli operai. In sostanza, cacciammo il gruppo vincente dal business dei consorzi di calcestruzzo e di inerti e rimase soltanto Peppe Polverino con la CAF 90.
Dopo la morte di Bardellino, ci fu un avvicinamento tra noi e i Nuvoletta. Poiché io ero il coordinatore per creare il Procal, un consorzio (noi avevamo già il Cedic), cercammo di creare tale consorzio tra i produttori di calcestruzzo della Campania, per fissare un prezzo unico. A quel punto, la pressione venne dal gruppo Ferruzzi, attraverso l’ingegner Rambaldi, nostro associato nella zona. I Nuvoletta si avvicinarono a noi, cercando di entrare in certi business. Noi li avevamo chiusi nella zona da Marano fino a Pianura (diciamo la Montagna spaccata e Quarto) e non li facevamo uscire. Dopo aver cercato l’accordo con noi, tentarono di ottenere la presidenza del Procal, attraverso Peppe Polverino, il quale era socio del figlio di Lorenzo Nuvoletta e del marito della figlia (che sarebbe il figlio di Vincenzo Lubrano), per la gestione della CAF 90. Rambaldi diceva… In una riunione che abbiamo fatto al Reggia Palace Hotel il 13 dicembre 1990, per lanciare le basi della Procal e per l’assorbimento totale dell’Eurocem… Non so se posso dire certe cose perché sono ancora coperte da segreto istruttorio.
PRESIDENTE. Guardi che anche le dichiarazioni che rilascia a noi sono coperte da segreto.
CARMINE SCHIAVONE. Dissi a Rambaldi: lascia stare quello e non ti immischiare.
A noi fu imposto un generale della finanza, un certo Vita, anzi un certo Di Mura, un generale in pensione, che avrebbe dovuto fare il presidente del Procal. Poi vi fu una rottura perché Rambaldi cercò di insediarsi nelle costruzioni che si stavano realizzando a Quarto di Marano, una zona di Nuvoletta. Peppe Polverino, allora, gli fece sparare nelle gambe. Io, il giorno prima, avevo avvertito Rambaldi, durante una riunione alla quale partecipammo io, lui, Mingione ed altri.
Quindi, l’immondizia la gestivamo noi. I siciliani la gestivano per fatti loro già da molti anni, come anche i…
PRESIDENTE. Cosa intende per “siciliani”?
CARMINE SCHIAVONE. Il gruppo vincente dei siciliani.
PRESIDENTE. In Sicilia?
CARMINE SCHIAVONE. Sì, in Sicilia, come noi lo facevamo in Campania.
Nel 1988 furono suddivise le zone: il clan dei Casalesi arrivava fino alla provincia di Benevento, mentre Carmine Alfieri, con Mario Fabbrocino e Pasquale Galasso, si allargavano nella zona vesuviana, sia pure sempre collegati con noi attraverso – diciamo così – un mutuo soccorso. Alfieri è stato capo zona nostro fino al maggio 1988, quando fu ammazzato Bardellino in Brasile.
PRESIDENTE. Le risulta che il clan dei Casalesi avesse rapporti con altre realtà della criminalità organizzata sul piano della gestione dei rifiuti, nel senso che il responsabile del clan gestisse lo smaltimento dei rifiuti anche in aree al di fuori del vostro ambito territoriale?
CARMINE SCHIAVONE. Nel Lazio.
PRESIDENTE. E in Campania? In tutta la regione?
CARMINE SCHIAVONE. No: parliamo della provincia di Caserta, di una parte del beneventano, arrivando fino a Giugliano. Questo per un accordo che facemmo con i Maliardo; a questi ultimi facemmo un favore ed essi, mentre stavano con i Nuvoletta, divennero autonomi, più vicini a noi. Arrivavamo fino al Lazio.
PRESIDENTE. A sud non arrivavate fino a Napoli?
CARMINE SCHIAVONE. No.
PRESIDENTE. Neanche a Salerno?
CARMINE SCHIAVONE. A Salerno c’era Carmine Alfieri anche se, come ho detto, c’era un mutuo soccorso per cui, se quello diceva “dobbiamo scaricare qua”, scaricava. Lui faceva il suo business là. Come zona di influenza nostra arrivavamo fino a Latina, diciamo la zona di Roma. A Roma c’era qualche società finanziaria, attraverso Roberto… E1 quello che era stato in Spagna, ma non ricordo il cognome.
PRESIDENTE. Sta parlando sempre del problema dei rifiuti?
CARMINE SCHIAVONE. Sì. Per quanto riguarda i rifiuti, noi arrivavano fino alla zona di Latina; Borgo San Michele e le zone vicine erano già di influenza bardelliniana, perché avevano società che vendevano nella zona di Latina assieme ai Diana. Dopo la guerra del 1988 contro i Bardellino, arrivammo noi. Io e mio cugino avevamo comprato un’azienda, che mi sono fatto sequestrare perché era “sporca”, proprio nella zona di Latina.
PRESIDENTE. A quando risale tutto questo?
CARMINE SCHIAVONE. Questo avveniva dal 1988 a salire. Già prima, però, la gestivano i Bardellino…
PRESIDENTE. Se ho ben compreso, lei sta dicendo che lo smaltimento illegale dei rifiuti in provincia di Latina avveniva già prima del 1988…
CARMINE SCHIAVONE. Anche a scendere giù, cioè non solo Latina, ma anche Gaeta, Scauri ed altre zone. I Bardellino avevano già insediamenti…
PRESIDENTE. Per capirci, mi interesserebbe sapere quali fossero i confini verso il nord. Mi è sembrato di capire che l’attività di smaltimento illegale dei rifiuti fosse posta in essere, per conto del clan dei Bardellino, in epoca antecedente al 1988 in tutta la provincia di Latina. E1 così?
CARMINE SCHIAVONE. Sì. Quando noi abbiamo fatto gli scavi… Da noi gli scavi per la superstrada sono iniziati nel 1987, nel periodo giugno-luglio. Man mano che finivano gli scavi, questi ultimi venivano sistematicamente riempiti.
PRESIDENTE. Vorremmo capire quale fosse l’estensione territoriale del fenomeno, almeno in base a ciò che le risulta. Il controllo di clan malavitosi sul traffico dei rifiuti, per quanto ne sa, si spingeva, grosso modo, fino a Latina e non più a nord?
CARMINE SCHIAVONE. Dal nord arrivava…!
PRESIDENTE. So bene che arrivava dal nord, ma il vostro controllo sul territorio, ai fini dello smaltimento illegale, fino a dove si spingeva?
CARMINE SCHIAVONE. Fino a Latina, perlomeno così sapevo. Fino al 1992 noi arrivavamo a Latina; poi non so se i Bardellino avevano…
PRESIDENTE. Al nord, quindi, l’attività si svolgeva fino a Latina; dove arrivava ad est? Nella zona del Matese? In Molise?
CARMINE SCHIAVONE. Sì, quella era una zona di nostra influenza.
PRESIDENTE. Quale?
CARMINE SCHIAVONE. Tutto il Matese, fino alla zona di Benevento. Noi avevamo Mimmo Pagnozzi come nostro capo zona insediato a San Martino Valle Caudina, il quale ci gestiva i lavori per nostro conto, ci dava le quote sulle droga e tante di quelle cose.
PRESIDENTE. Non è al corrente di eventuali estensioni verso est, verso l’Abruzzo, ad esempio?
CARMINE SCHIAVONE. Fino al 1992 noi arrivavamo nella zona del Molise (Isernia e le zone vicine), a Latina… Non so cosa è accaduto dopo. Se vogliono, possono arrivare anche a Milano…!
PRESIDENTE. In definitiva, fino al 1992 il raggio di estensione dei traffici illegali dei rifiuti era limitato a nord dalla provincia di Latina…
CARMINE SCHIAVONE. Nel 1992 dovevano addirittura ancora essere riempite tutte le nostre cave, tutte le cave della provincia di Caserta. Lì non si trattava soltanto di 240 ettari di terreno scavati per le sopraelevate; c’erano 10 mila ettari di terreni che costeggiavano tutta la Domiziana, tutti per VEurocav e tutto scavato a 30, 40 e 50 metri. Le draghe estraevano la sabbia e le buche venivano sistematicamente riempite. Vi era quindi una potenzialità di scarico enorme. Nel 1992 abbiamo assorbito nella zona di Latina e nel Molise ovest perché c’erano le influenze bardelliniane o di Nuvoletta, che noi abbiamo cacciato da certe zone.
PRESIDENTE. Vorrei capire bene. Nonostante sui territori da voi controllati aveste ancora molta potenzialità per sotterrare i rifiuti, in virtù di una guerra di clan vi siete estesi…
CARMINE SCHIAVONE. Sì, per assorbire… L’Unicop l’abbiamo assorbita noi. L’Unicop, che era di Riina, Nuvoletta e Lubrano, l’abbiamo assorbita noi, così come abbiamo assorbito tutti i centri AIMA e tutte le associazioni che operavano in questo consorzio tra Salerno, Napoli e Caserta. Erano tutte controllate. Ad esempio, una la gestivo io, un’altra mio cugino Sandokan, un’altra De Falco, un’altra Bidognetti. Bidognetti, in effetti, è passato nei vertici proprio per la faccenda dell’immondizia, perché prima era un po’ in disgrazia. C’era tutto un complesso affaristico esteso a tutti i livelli e a tutti i settori. Noi, per esempio, “facevamo” i sindaci.
PRESIDENTE. Dove?
CARMINE SCHIAVONE. In tutti i 106 comuni della provincia di Caserta. Noi facevamo i sindaci, di qualunque colore fossero. C’è la prova… Io, ad esempio, avevo la zona di Villa Literno e sono stato io a fare eleggere il sindaco. Prima il sindaco era socialista e noi eravamo democristiani. Dopo la guerra con i Bardellino… Ci avrebbe fatto piacere anche se fosse rimasto socialista, perché era la stessa cosa. Per esempio, a Frignano avevamo i comunisti. A noi importava non il colore ma solo i soldi, perché c’era un’uscita di 2 miliardi e mezzo al mese.
Posso raccontare un aneddoto, anche perché è già stato verbalizzato ed i protagonisti sono agli arresti, tranquilli. A Villa Literno, che era di mia competenza, ho “fatto” io stesso l’amministrazione comunale. Abbiamo candidato determinate persone al di fuori di ogni sospetto, persone con parvenze pulite ed abbiamo fatto eleggere dieci consiglieri, mentre prima ne prendevano tre o quattro. Un seggio lo hanno preso i repubblicani, otto i socialisti ed uno i comunisti (un certo Fabozzo). La sera li abbiamo riuniti e ne mancava uno. Io li ho riuniti e ho detto loro: “tu
fai il sindaco, tu fai l’assessore” e via di questo passo. Mi hanno detto: “ma manca un consigliere per avere la maggioranza”. All’epoca c’era Zorro, il quale era capo zona e dipendeva da me; ho detto: “andate a prendere Enrico Fabozzo e lo facciamo diventare democristiano”. Infatti, lo facemmo assessore al personale. La sera era comunista e la mattina dopo diventò democristiano.
E’ così che si facevano le amministrazioni. Il patto era che gli affari fino a 100 milioni li gestiva il comune, oltre i 100 milioni, con i consorzi, ci portavano l’elenco dei lavori e noi li assegnavamo. Ai comuni dicevamo che sui grandi lavori edili avrebbero trattato direttamente con noi al 2,50 per cento. C’era una tariffa: 5 per cento sulle opere di costruzione e 10 per cento sulle opere stradali. Perché le strade si debbono rifare ogni anno? Perché non venivano fatte bene, perché se il capitolato stabiliva che vi dovessero essere sei centimetri di asfalto, in realtà ne venivano messi tre, perché il cemento utilizzato non era quello previsto, e così via. Il sistema generale era così. Speriamo che cambi.
PRESIDENTE. Lei ha parlato di fanghi radioattivi provenienti dalla Germania. Può dirci qualcosa in più a tale proposito? Conosce società…
CARMINE SCHIAVONE. No. So solo che questi fanghi arrivavano in cassette di piombo da 50, un po’ lunghe. Qualcuno me lo ha spiegato, anche perché non andavo certo a vedere l’immondizia di notte. C’erano i ragazzi che controllavano la zona. Avevamo creato un sistema di tipo militare, con ragazzi incensurati, muniti di regolare porto d’armi, che giravano in macchina. Vi erano persone addette ai controlli alle macchine. Avevamo divise e palette dei carabinieri, della finanza e della polizia. Ci preparavano anche le macchine a doppione… Ognuno aveva un suo reparto prestabilito. Il settore dell’immondizia, invece, era gestito, come riscossione soldi, dall’avvocato Chianese, il quale era il coordinatore a livello un po’ massonico, un po’ politico…
PRESIDENTE. Che significa “un po’ massonico, un po’ politico”?
CARMINE SCHIAVONE. Parecchi avevano il grembiulino, vecchi grembiuli…
Coordinatore dell’avvocato Chianese era Cerci Gaetano, il quale era geometra.
PRESIDENTE. A livello di struttura piramidale, Cerci era superiore a Chianese?
CARMINE SCHIAVONE. No. Era Chianese il boss dei boss in quel settore.
Cerci era alle dipendenze di Chianese e raccoglieva i soldi; nella
zona di influenza del clan dei Casalesi, dirigeva il reparto immondizia per conto del clan.
PRESIDENTE. Vorrei ritornare sulla vicenda delle cassette contenenti fanghi radioattivi. Lei sa dove sono state messe queste cassette?
CARMINE SCHIAVONE. Penso che siano state messe nel terreno di Noviello.
PRESIDENTE. …sul quale lei ha condotto, per un sopralluogo, l’autorità giudiziaria.
CARMINE SCHIAVONE. Sì, sul terreno di Noviello, dietro il terreno di Peppe Natale, il primo terreno dietro il campo sportivo; poi ce ne è un altro dove ora è stato costruito un deposito di materiale edile, di cui una parte era della chiesa. Il terreno poi fu venduto. Infatti, quel ragazzo, il figlio dell’avvocato Letizia, che era onesto, capì…
PRESIDENTE. Lei ha portato in tutti questi posti l’autorità giudiziaria…
CARMINE SCHIAVONE. Qui è presente un signore che c’è stato.
PRESIDENTE. Sì, ma noi vorremmo capire.
CARMINE SCHIAVONE. Siamo andati sia con la macchina, un Fiorino della scientifica, sia con l’elicottero; hanno fatto le riprese fotografiche e ci siamo andati anche a piedi sopra.
PRESIDENTE. Lei ha la quasi certezza che in questi posti siano stati seppelliti… Conosce tutti i posti in cui sono avvenuti interramenti di questo genere?
CARMINE SCHIAVONE. No, non li ricordo tutti.
PRESIDENTE. Quindi, vi possono essere stati tanti altri posti.
CARMINE SCHIAVONE. Sì, sì. Nella zona di Parete, a Casapesenna… Io mi interessavo di Casale, Villa Literno, fin sotto Aversa, Teverola, vicino ali’Indesit…
PRESIDENTE. Chi conosce gli altri luoghi in cui possono essere stati seppelliti illegalmente rifiuti radioattivi?
CARMINE SCHIAVONE. L’avvocato Chianese conosce tutte le dislocazioni. Cipriano Chianese di Parete le conosce tutte. Quest’uomo è avvocato ed è iscritto all’ordine degli avvocati di Napoli e di Santa Maria Capua Vetere; in più, aveva la discarica a Parete e poi era socio con un’altra persona di Aversa, il cui nome, che in questo momento non ricordo, risulta comunque a verbale. Sono tutti verbalizzati.
PRESIDENTE. Lei ci ha dato un’idea dell’area in cui si svolgevano tutte queste attività criminali. Poiché recentemente abbiamo effettuato alcuni sopralluoghi su discariche nell’area salernitana, vorremmo sapere se lei è a conoscenza di luoghi in cui siano avvenuti smaltimenti di rifiuti tossici e pericolosi in detta area, magari realizzati per conto di Alfieri .
CARMINE SCHIAVONE. Può anche darsi che, attraverso noi, Alfieri si scaricava… Però quella è la zona di Alfieri. Io so che lì ci sono le discariche e che sono state scavate le cave per realizzare le sopraelevate; anche lì, fare la superstrada, i Regi Lagni od altro era una sola cosa. Anche le loro discariche furono automaticamente riempite, ma non da noi o, meglio, non so se da noi. Fino al 1991-inizio 1992 a noi scaricavano tra la zona di Latina fino a Benevento. Avevamo ancora le cave di sabbia, parecchie delle quali erano in via di esaurimento, che potevano ancora essere riempite. Quando abbiamo fatto il giro in elicottero si è verificata una “scena”, nel senso che abbiamo visto un camion che stava scaricando e che poi è scappato. Insomma, c’erano cave non ancora sistematicamente piene, perché il territorio è vastissimo; in più, non è che per scavare si andasse a prendere uno che avesse mille metri di terra: ne doveva avere almeno 7-10 mila. Con una profondità di 25 metri, si trattava di 250 mila metri cubi di terreno da estrarre e, quindi, di 250 mila metri cubi di immondizia da poter sistemare (forse 200 mila, visto che altri 50 mila erano occupati dalla terra usata per ricoprire). Addirittura, ci sono cave rialzate di 4-5 metri, nella zona della “Casarella”. Sono stati anche fatti rilievi.
PRESIDENTE. Le risulta che nella discarica di Battipaglia siano stati riversati rifiuti tossici da parte del clan dei Casalesi o di clan in contatto con quest’ultimo?
CARMINE SCHIAVONE. Non lo so. Però, è possibile, visto che il sistema era unico, dalla Sicilia alla Campania. Anche in Calabria era lo stesso: non è che lì rifiutassero i soldi. Che poteva importargli, a loro, se la gente moriva o non moriva? L’essenziale era il business. So per esperienza che, fino al 1992, la zona del sud, fino alle Puglie, era tutta infettata da rifiuti tossici provenienti da tutta Europa e non solo dall’Italia.
PRESIDENTE. Sulla Puglia cosa sa?
CARMINE SCHIAVONE. Anche sulla Puglia parlavamo; c’erano discariche nelle quali si scaricavano sostanze che venivano da fuori, in base ai discorsi che facevamo negli anni fino al 1990-1991.
PRESIDENTE. In quali aree della Puglia, a sua conoscenza?
CARMINE SCHIAVONE. A mia conoscenza personale, nel Salento, ma sentivo parlare anche delle province di Bari e di Foggia.
PRESIDENTE. Non si ricorda località più precise?
CARMINE SCHIAVONE. No, era un discorso “accademico” interno che facevamo, dicendo: mica siamo solo noi, lo fanno tutti quanti.
PRESIDENTE. Chi operava in Puglia?
CARMINE SCHIAVONE. In effetti, in Puglia, la Sacra corona unita non è mai stata nessuno; era sorta inizialmente insieme al gruppo della NCO di Cutolo e poi fu staccata. C’erano gruppi che operavano con noi e con i siciliani. Nel brindisino operavano un certo Bicicletta, un certo D’Onofrio che stava con Pietro Vernengo, il suo capo zona; con me operavano un certo Tonino ‘o zingaro e Lucio Di Donna, che era di Lecce: si occupavano delle sigarette. C’erano anche il gruppo di Michele Zaza, che poi è morto, i nipoti, i Mazzorelli: le sigarette venivano messe nei depositi in Albania. Ho caricato armi in Albania già in quegli anni, attraverso i contrabbandieri che stavano con noi; Tonino ‘o zingaro era il capo di un gruppo ed io comprai anche la quota di una nave, sempre con il clan. Quindi, ci poteva essere chiunque, perché una parte lavorava con i calabresi per la droga in Puglia, una parte lavorava con noi….
PRESIDENTE. La parte che lavorava con voi trattava sigarette ed armi?
CARMINE SCHIAVONE. Sigarette e armi ma facevano anche droga. Per esempio, la droga la facevano con il gruppo dei Mazzorelli, in effetti con il gruppo di Michele Zaza; c’era anche il nipote, Ci ruzzo, o’ Scillone. Operavano sulla zona.
PRESIDENTE. I vostri rapporti con la Calabria e con la Sicilia?
CARMINE SCHIAVONE. Stavamo bene con la Calabria e con la Sicilia, in particolare con qualche gruppo calabrese, quelli contrari ai De Stefano. Eravamo contro De Stefano perché era stato l’istigatore di Raffaele Cutolo, lo aveva punto nel manicomio di Napoli, a Sant’Efemo e gli aveva messo in testa strane idee. Stavamo bene con una parte dei siciliani: ho avuto un incontro con Mariano Agate e Pippo Bono nel carcere di Trapani nel 1984; poi quando sono venuto per fare il processo nel 1985 ci parlavo. Mariano Agate e Pippo Bono cercavano, già all’epoca, di fare la pace con noi perché erano vicini al gruppo di Riina e poi anche con i Nuvoletta: noi dicevamo che era impossibile perché all’epoca Bardellino aveva ammazzato il fratello, per cui c’era una guerra in atto.
PRESIDENTE. Tornando alla nostra materia, sa se questi collegamenti hanno
fatto sì che si utilizzassero parti della Calabria e della Sicilia per lo smaltimento illegale di rifiuti?
CARMINE SCHIAVONE. A voce lo so; erano tutte le zone, come vi ho detto poc’anzi. Tutti i clan, tutte le associazioni criminali erano interessate, perché si trattava di decine di miliardi all’anno nel libro mastro. In più c’era chi gestiva questa attività ed aveva il suo tornaconto personale di nascosto dal clan; tutti lo facevano, pure io scavavo nel terreno ed avevo un certo tornaconto perché i terreni li compravo io.
Ci hanno rubato anche dopo, ci davano 100 milioni al mese.
PRESIDENTE. Domando a lei che era l’amministratore: quanto valeva complessivamente il business dei rifiuti, per i Casalesi, in tutto il periodo che lei conosce? Quanti soldi sono entrati in cassa dalla partita rifiuti?
CARMINE SCHIAVONE. Per quanto ne so, dal 1990 2-3 miliardi.
PRESIDENTE. Così poco?
CARMINE SCHIAVONE. Ma nella cassa comune, con la quale si pagava il mensile, non nelle casse private. C’è qualche latitante che ha ancora le valigie piene di soldi, le ho viste io stesso; sono soldi fatti con i rifiuti e con altre attività, di nascosto.
Ho fatto sequestrare allo Stato 2.200 miliardi, e penso che sono ancora pochi, i conti non tornano. Ci sono anche proprietà all’estero che non si possono sequestrare, per esempio in Brasile; in Spagna, De Falco, che era un nostro capo zona per la droga, è stato liberato con una cauzione di 60 mila pesos. Ci sono proprietà in Germania, in Francia; quelle in Italia, le ho indicate per quanto mi potevo ricordare e ho fatto sequestrare anche le mie proprietà “sporche”.
PRESIDENTE. Lei è a conoscenza dello smaltimento di rifiuti pericolosi attraverso navi che venivano fatte affondare per riscuotere anche il premio assicurativo? Il clan dei Casalesi non è mai stato coinvolto in questa attività?
segue seconda parte al post successivo
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C'E' IL SOGNO E C'E' LA REALTA'
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"i miseri non amano la verità e la conoscenza che li svegli"
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Non è la salute che va difesa a costo della Libertà,
è la Libertà che va difesa a costo della salute.