da Silvio Biagini » lun lug 18, 00:53:52
Buonasera Pyno, Mimmo e tutti gli amici. Il cenno relativo alla "polemica" era rivolto a me, cioè con il mio intervento non volevo sembrare "invadente".
Il discorso dei riservisti non è di facile comprensione per tanti motivi. Così come non è facilmente comprensibile la differenza tra addestramento e allenamento. Così come è completamente diverso il concetto di combattimento in ambiente urbano in aree operative (o zone di guerra) e quello nel proprio territorio in pace. Cerco, nel limite delle mie conoscenze e delle mie possibilità, di fornire qualche spunto di pensiero.
Per prima cosa terrei fuori il discorso "volontà politica" e "bilancio disponibile". Sono, ovviamente, gli elementi fondamentali per fronteggiare la necessità, ma il soffermarci su di essi ci distoglierebbe dal cercare di comprendere il meccanismo o meglio il concetto della "riserva".
Il concetto di riserva è mutato e muta nel tempo in relazione alla specifica esigenza militare di una nazione che fa parte di un certo contesto geostrategico. Tale concetto è anche subordinato o legato alla tipologia di reclutamento in atto, ovvero se inteso come servizio di leva o come scelta professionale o intermedio.
La prima esigenza, dettata dalla geostrategia, suggerisce la dimensione delle forze che la nazione deve mettere in campo in termini di risorse umane e materiali. La seconda, il tipo di reclutamento, impone la metodologia per conseguire l'operatività delle forze necessarie. Possiamo dire che, anche se con obiettivi diversi, sono interessate tutte le forze armate e le forze di polizia. A proposito di queste ultime, è molto probabile che non tutti sanno che in determinati scenari bellici sono state chiamate a soddisfare compiti di difesa del territorio (e potrebbe essere ancora necessario all'esigenza). Restando vicini ai tempi nostri, possiamo dire che in occidente abbiamo avuto una esigenza geostrategica da guerra fredda ed una post guerra fredda.
La prima imponeva determinate scelte in quantità e tipologia di risorse umane e materiali da utilizzare secondo una specifica dottrina di impiego in scenari ben precisi entro determinati confini. Il sistema del reclutamento di leva costituiva ancora la fonte delle risorse umane e si basava su di un sistema legislativo specifico per reclutamento e mobilitazione. Diciamo che nel corso degli anni dalla fine del secondo conflitto alla caduta del muro il teatro operativo restava invariato in termini di aree di impiego e tipologia ed entità delle risorse umane e si evolveva solo la dottrina di impiego in relazione alla evoluzione delle risorse materiali. Questo consentiva di avere, tramite la leva ed i cicli addestrativi, un numero pressoché costante (influenzato al limite dal gettito delle nascite) di forze a vari livelli di potenziale operativo in modo da avere costantemente la forza addestrata necessaria all'esigenza.
La seconda, terminata la guerra fredda e "scoppiata la pace" con i suoi molteplici conflitti in giro per il mondo, ha cambiato radicalmente l'impiego delle risorse per tutte le nazioni che erano legate alle relative alleanze. In primo luogo le molteplici richieste da parte delle Nazioni Unite di forze necessarie alle operazioni di pace (in particolare quelle che prevedono "l'imposizione della pace", concetto ben diverso dal "mantenimento della pace") ha cominciato a mostrare a tutte le nazioni con eserciti di leva i seri limiti imposti da tale sistema e la necessità di cominciare a pensare ad altre soluzioni di reclutamento e di addestramento. In secondo luogo la "smobilitazione", seguita alla guerra fredda imponeva, una riduzione ed un rimodernamento dei materiali a disposizione da utilizzare in teatri completamenti diversi tra loro oltre ad una rimodulazione delle forze disponibili.
Ovviamente il tutto influiva anche sul concetto di riserva.
La coscrizione, senza entrare nel dettaglio delle singole nazioni, forniva le forze da addestrare durante il servizio di leva. In questo periodo, suddiviso in cicli, si avevano unità che erano pronte all'impiego (anche se non al 100% dell'organico), altre in fase intermedia e altre in fase iniziale. Il meccanismo della coscrizione doveva garantire il mantenimento di un certo numero di unità pronte all'impiego. La mobilitazione all'emergenza avrebbe dovuto fornire personale variamente addestrato in relazione all'anno di congedo. In genere quelli congedati entro un anno circa, al momento del richiamo, avrebbero dovuto completare le unità operative (in genere quelle da dove erano stati congedati raggiungendo il 100%). Quelli congedati da un po più di tempo avrebbero dovuto confluire nelle unità quadro, ovvero complete di materiali, armi, etc. e solo una parte del personale di inquadramento. Queste unità sarebbero diventate operative dopo un breve periodo di addestramento sui nuovi materiali. Per quelli congedati da più anni, e idonei al servizio incondizionato, i tempi di "riaddestramento" sarebbero stati più lunghi ma sicuramente facilitati dal fatto che, materiali a parte, le modalità di impiego non erano radicalmente mutate. Perciò attingendo dai depositi si sarebbero costituite nuove unità. Quindi, se tutto il meccanismo funzionava, nel giro di una settimana si potevano raddoppiare i reparti operativi e nel giro di un mese ampliare ancora di più il dispositivo. Questo discorso valeva, ovviamente anche per altri corpi armati dello stato che avrebbero dovuto occuparsi della difesa del territorio mentre le forze armate si sarebbero occupate dei confini. Prove del meccanismo e relativi periodi di riaddestramento venivano attuate di tanto in tanto...
I primi ad accorgersi che questo sistema non funzionava o avrebbe funzionato solo in caso di un conflitto "classico" furono gli USA che abbandonarono la coscrizione già con l'esperienza del Vietnam, quindi ancora in guerra fredda. Il passaggio alle forze volontarie e la necessità di essere pronti ad esigenze territoriali oltre che a fronteggiare impegni oltre i confini nazionali (alleanze ed esigenze UN) fornì una accelerazione nella costituzione di riserve prontamente impiegabili valorizzando il concetto di Guardia Nazionale. Sistema che ha dimostrato la sua validità in particolare a partire dalla prima guerra del golfo. La rotazione di truppe in servizio con quelle della Guardia Nazionale consente agli USA di fronteggiare le esigenze dettate da più teatri contemporaneamente senza imporre alle stesse unità turni a breve scadenza tra l'uno e l'altro (la rotazione con intervalli dei reparti è fondamentale). Inoltre, particolare di non trascurabile aspetto, consente di avere personale continuamente addestrato a nuove tattiche e a nuovi materiali....
Altre nazioni adottano altri sistemi ma fondamentalmente lo "scoppio della pace" ha creato le possibilità per avere uno strumento militare e di polizia continuamente addestrato. Non dimentichiamo, infatti, che nei teatri operativi si costituiscono anche battaglioni di polizia militare che per alcune nazioni (come Francia, Spagna, Italia) hanno "doppio cappello" o doppia dipendenza da ministero della difesa e dell'interno. Personale, quindi, con molteplici esperienze in zone di guerra e che, se congedato per fine contratto, può essere richiamato per integrare o colmare eventuali vuoti organici nelle forze in servizio.
Il riferimento ai "riservisti" di oggi deve essere visto in questo senso. E' errato immaginare l'esonerato alla leva obbligatoria che di punto in bianco si ritrova con un fucile d'assalto in mezzo ad una strada...come non è nemmeno corretto pensare che il poliziotto militare italiano, francese o spagnolo richiamato in servizio non sia in grado di svolgere un servizio di pattugliamento armato dopo averne fatti decine o centinaia in zone decisamente più pericolose tra ordigni improvvisati, cecchini, imboscate ed altro.
Particolarità, questa, che manca alla forze di polizia americana. D'accordo che molti tra gli appartenenti sono ex-militari nei vari gradi. Quello che è fondamentalmente diverso è il concetto di modalità di impiego e addestramento. Tanto è il fatto che, per rispondere a precise minacce hanno fatto e fanno ricorso alle "unità appositamente preparate", con uomini addestrati con mezzi e materiali che li rendono più simili a distaccamenti di forze speciali "urbane" che a poliziotti. Senza allargare il discorso si è anche visto recentemente come un ex-militare, reduce da un teatro di guerra, si è mosso in ambiente urbano e ha colpito diversi poliziotti e solo loro. Probabilmente (posso sbagliare), il discorso sarebbe stato diverso se avesse fronteggiato poliziotti militari o simili.
Questo ci riporta anche al concetto di differenza tra addestramento ed allenamento. Un militare o un poliziotto militare possono anche aver sparato meno colpi di un tiratore di tiro dinamico anche non agonista. Il motivo è semplice. L'addestramento non prevede solo l'allenamento al tiro ma tutta una serie di attività che servono a formare i vari livelli di unità da impiegare. E' ovvio che ogni componente della squadra deve saper sparare, utilizzare ordigni esplosivi, armi di reparto (mitragliatrici e lanciarazzi), etc. e per questo ci sono i tiri di allenamento diurni, notturni, in ambiente urbano, montano, boschivo, da bordo dei mezzi, sotto sforzo, etc. etc.. Ma tutto questo allenamento non serve a niente (al limite alla sopravvivenza individuale) se non è visto nel contesto dell'addestramento di squadra, di plotone, di compagnia, di battaglione, di reggimento...solo dopo aver raggiunto il corretto addestramento ai vari livelli comprese le attività a fuoco, ovvero esercitazioni di complessi dove vengono utilizzate reali munizioni, a cominciare dal fuoco di preparazione di artiglieria e mortai o il supporto aereo, etc. In sintesi saper sparare è sicuramente importante ma serve a poco o diventa anche pericoloso se non c'è la capacità di coordinarsi per conseguire l'obiettivo assegnato ai vari livelli o per reagire ad una improvvisa minaccia.
Quando il presidente francese parla di richiamare i riservisti della Gendarmerie e dell'Armée de Terre è chiaro che fa riferimento non all'impiegato di banca a cui mettere in mano un fucile d'assalto ma a personale che di situazioni difficili ne ha viste e affrontate parecchie.
E' chiaro, poi, che si deve anche tenere di conto delle differenze di impiego di forze dell'ordine in ambiente urbano e quindi del concetto di poliziotti addestrati per fronteggiare normali situazioni di delinquenza. Senza dimenticare che già quelle possono comportare perdite tra i civili. Conosciamo tutti campi di tiro e possiamo immaginare come in uno scontro a fuoco "urbano" dove non esistono i muri parapalle ci siano proiettili che non attingono i bersagli e viaggiano indisturbati, rimbalzano etc. o, anche se attingono, specie se di arma lunga, proseguono la loro corsa dopo il tramite con ovvie conseguenze. Lo dimostra anche l'articolo menzionato da Pyno. Proprio a questo proposito, i citati distaccamenti "speciali" di polizia USA utilizzano munizioni da tiratore scelto con proiettili che "non escono".
A prescindere da questo, entra in gioco anche il contesto geografico in cui "vive" la nazione interessata. Un conto è Israele che affronta quotidianamente questo stato di cose dal 1948, un conto è una nazione europea che, a parte i movimenti terroristici vari degli anni 70-80, non ha mai fronteggiato una minaccia esterna (che poi è interna considerate i luoghi di nascita degli attentatori) della portata degli ultimi avvenimenti. Se da un lato sono stati più o meno facilmente fronteggiati i terroristi europei, è sempre stato particolarmente difficile fermare quelli non europei preparati in appositi campi di addestramento. Vedasi l'attentato di Monaco del 1972. Nonostante quell'avvertimento e l'istituzione di reparti speciali in varie nazioni, gli attentatori "stranieri" hanno continuato a colpire, come all'aeroporto di Fiumicino e di Vienna nel 1985, etc., etc. Adesso sono ancora più pericolosi perché nati e cresciuti nel tessuto sociale dello stato europeo o quanto meno profondamente legati ad esso, addestrati "all'estero" e rientrati preparati per operare in un ambiente ben noto.
Il terrorismo non sarebbe terrorismo se si potesse fronteggiare con schemi tattici tradizionali...e questo impone a Israele, proprio per la sua particolare condizione, un certo modo di vivere "armato" che, comunque, non è legato all'iniziativa del singolo cittadino...
Al momento, in Europa in genere, si può contare sulla possibilità di richiamare determinate tipologie di riservisti per aumentare la disponibilità di personale addestrato a "lavori di squadra" e poter sollevare da tali responsabilità (sia per tipologia di compiti che di addestramento) le normali forze di polizia.
E qui ci si potrebbe allacciare al discorso volontà politica e finanza aggiungendo lo "stato di necessità"... mi fermo qui, altrimenti mi tirate qualche accidente per la "pesantezza" del mio intervento.
Un cordiale saluto...Silvio