http://fisat-italia.blogspot.com/2012/0 ... rizio.htmlCAMBIARE ROTTA: il caso di Fabrizio Pierini
Solo oggi possiamo raccontare – debitamente autorizzati dall’interessato – il caso agghiacciante di Fabrizio Pierini, ex militare residente a Novara e titolare di un negozio di softair di Cameri.
L’incubo del Pierini inizia il giorno 8 ottobre 2009 quando, dopo tante insistenze da parte sua, l’ufficio Armi della Questura di Novara gli fa il controllo di rito al negozio perché ha chiesto – ahilui – la licenza di cui all’art. 28 TULPS che gli serve per detenere e vendere fregi militari per gli avieri della vicina base dell’Aeronautica.
Durante il normale controllo di porte ed inferriate (sembra che non sappiano che oggi i fregi li fanno in Cina e li vendono a pallets) l’Ispettore della Questura vede un lanciarazzi inertizzato tipo RPG75 che alcuni gruppi della zona hanno usato come arredo scenico per le giocate di softair ; l’inertizzazione sarebbe del tutto evidente anche ad un cieco perché mancano tutto il congegno di scatto e le mire, ed il tubo è stato tagliato in due accorciato e saldato rendendo tutto l’insieme venti centimetri più corto dell’originale.
E’ in sostanza un tubo da stufa.
Il Pierini lo sa e - da ex militare competente della materia – fa di tutto per farlo capire agli agenti, aggiungendo che i lanciarazzi inertizzati sono acquistabili su Internet e lui l’ha acquistato a una fiera di militaria di Milano.
Gli agenti, strano a dirsi, non vogliono sentire ragioni e lo ficcano dentro aggiungendo per buona misura anche l’usuale perquisizione domiciliare in cui reperiscono gli ormai canonici 108 bossoli “militari” e “18 proiettili cal. 223” (che sono in realtà munizioni inerti con ogiva prive di polvere da sparo, il resto sono tutti componenti di libera vendita) e 2 “cartucce 223 prive di innesco e polvere da sparo con ogiva avvitata senza innesco e senza polvere” che sono solo due finte cartucce che si mettono per motivi scenici (diremmo “per fare occhio”) sui doppi caricatori delle repliche softair.
Ma la Questura, prima di schiaffare definitivamente alla gabbia l’ormai ex-incensurato, decide di chiamare due “esperti” nelle persone di due marescialli della vicina caserma della Sanità che periziano il tutto e, invece di dire con modestia che loro capiscono più di bende e cerotti che di armi, in quattro e quattr’otto individuano con sapienza il lanciarazzi per un “modello avente portata di oltre un chilometro”, con tanto di perizia sottoscritta e firmata.
Il Pierini va al carcere come un razzo per detenzione illegale di armi e munizioni da guerra e vede il magistrato solo tre giorni dopo cui spiega, incredulo, per filo e per segno tutto ciò che è successo.
Il magistrato lo scarcera e lo mette all’obbligo di firma (si chiama tecnicamente obbligo di presentazione alla PG) ove ci rimarrà tre mesi; il suo legale gli dirà che si deve star fermi ed attendere i tempi e nel frattempo non si può far nulla.
Nel frattempo una gogna mediatica giornalistica e televisiva bestiale (Novara è una piccola città) che trasforma il negozio in un deserto; spariscono tutti i clienti, (le softair, per chi non lo sa, sono giocattoli).
La Questura trionfante (lo si legge negli articoli) si intrattiene anche in lezioni di diritto sulla legge 110/1975, dopo la quale “non si danno più licenze per armi da guerra” strizzando l’occhio al sensazionalismo precisando che le armi da guerra sono “detenute in mezzo ai giocattoli”.
Per il Pierini è la rovina, il negozio comincia a scendere la china della sfortuna, le vendite si azzerano – chi va a comprare da uno arrestato dalla Questura per armi da guerra ? – e anche se gli mettono l’obbligo di firma in orari compatibili con quelli del negozio ogni due giorni deve fare una corsa matta in bicicletta per non arrivare tardi perché il negozio chiude alle 19.30 e deve essere alla Stazione Carabinieri alle venti, come i mafiosi al confino di polizia.
Una cosa normale per un delinquente incallito ma un incubo per una persona onesta.
Il Pierini di “star fermo in attesa degli eventi” non vuole affatto saperne e nei lunghi tempi morti degli arresti domiciliari decide di cercare su Internet sinché non apprende del sito del Dr. Mori che gli consiglia di rivolgersi a FISAT.
Pierini viene a parlarci nella metà di dicembre 2009 – sono già passati tre mesi ma nei tempi della giustizia sono come tre secondi - ed è disperato perché gli sembra incredibile che la Questura si sia accanita così tanto e soprattutto non abbia tenuto in minimo conto che li aveva chiamati lui e che se il lanciarazzi fosse stato illegale non lo avrebbe tenuto in vetrina.
Non essendo un appassionato d’armi ma di softair non sa quanto queste cose siano comuni nel mondo delle armi e come tutti i softairisti non sa che rischiano quanto e più degli appassionati d’armi a causa dell’ignoranza e della protervia spesso comuni in chi amministra la legge.
Si comincia con la richiesta di perizia di parte difensiva del “lanciarazzi” e delle “munizioni” e con strano tempismo la Procura di Novara - nel frattempo sono passati 4 mesi in cui le “armi da guerra” erano state pacificamente in deposito all’ufficio corpi di reato - le fa periziare ad un perito vero, la fortuna del Perini comincia finalmente a girare, il cui responso è tombale.
Dice infatti che il lanciarazzi è un tubo da stufa e i “bossoli da guerra” sono res derelicta – che significa in sostanza cosa di nessuno, abbandonata - come da circolare del Ministero dell’Interno e non sono parti di munizioni.
Lascia appena uno spiraglio – e deve farlo perché è un consulente dell’accusa – solo per le “munizioni composte da palla, bossolo, innesco e prive di polvere” che valuta come teoricamente ricaricabili (se uno avesse la polvere ma il Pierini non ce l’ha e non ha neanche porto d’armi), non precisando però che sono composte di componenti di libera vendita.
La Procura dissequestra e restituisce il tutto – lanciarazzi e compagnia cantante – tenendo in sequestro solo i 18 “proiettili” e – chissà perché - le due cartucce da ornamento con palla avvitata.
La richiesta va avanti e infine perizia il tutto anche la difesa, ivi compreso il “lanciarazzi” nel frattempo tornato nelle mani del Pierini.
Alla beffa si aggiunge il danno quando la Procura prima cerca di addebitargli il costo della perizia penale e poi gli recapita un decreto penale di condanna – che la difesa oppone - per le cartucce. Si tratta di una soluzione apparentemente comoda ad un problema difficile e tecnico di si avvalgono spesso e volentieri i veri criminali che si beccano lo sconto di pena in cambio dell’ammissione.
Per il Pierini, e per il 99% degli appassionati d’armi, è invece una iattura perché significa non aver mai più diritto di possedere un’arma.
L’ovvia opposizione porta infine alla prima udienza; è ormai luglio 2011 - il business del Pierini è ormai congelato – e si interrogano in aula gli operanti , un ispettore di PS e un agente della scientifica.
L’Ispettore è in una posizione scomoda e fa lo sbaglio di accennare al sequestro del lanciarazzi (che nel frattempo è dissequestrato) e di cui magistrato e accusa non sanno nulla (perché il Pubblico Ministero è diverso da quello dell’indagine e il Giudice non sa ovviamente niente di cosa è avvenuto prima); aggrottano le ciglia “ohibà un lanciarazzi” ma il nostro legale è lesto a prendere la proverbiale palla al balzo e gli chiede che fine abbia fatto il lanciarazzi costringendo l’Ispettore ad ammettere che è stato restituito perché era inerte precisando che però “l’arresto è obbligatorio”, come se arrestare uno a cappella lo giustificasse perché è obbligatorio (l’obbligatorietà scatta una volta raggiunta la certezza del reato, lo abbiamo scritto nella Costituzione).
Il magistrato riporta la discussione sull’argomento ossia le “munizioni” e si sentono ancora sciocchezze: bossoli da guerra, palle da guerra, munizioni da guerra.
E’ evidente che non sa una mazza di cosa sta parlando e si contraddice talmente tante volte che il giudice gli chiede se conosca la materia; lui candidamente ammette di no e l’avvocato gli chiede quale sia la sua specializzazione.
Risponde altrettanto candidamente che “si occupa di licenze” e l’avvocato gli chiede coma possa essere inesperto della materia e nello stesso tempo abbastanza esperto da arrestare un incensurato.
Prima di alzarsi risponde che comunque il vero esperto è quello della scientifica che verrà chiamato subito dopo; solo che il collega fiuta la fregatura e precisa subito che lui “fa solo le foto ed i rilievi” e l’esperto è l’Ispettore.
Non si astiene, neanche lui, da altre evidenti sciocchezze su munizionamento da guerra e civile finché il giudice non ne ha abbastanza e aggiorna l’udienza al 16 febbraio 2012 in cui si sentiranno i periti.
Si arriva a ieri, giorno in cui il perito della Procura riepiloga correttamente la questione, elenca quanto restituito e dice che le “munizioni” potevano essere teoricamente ricaricate, lo segue il perito della difesa che in modo più esauriente succede quando sei dalla parte della ragione - chiarisce definitivamente che una munizione si compone di 4 elementi fondamentali – bossolo, palla, innesco e polvere da sparo – e che di questi 3 (innesco, palla e bossolo) sono di libera vendita. La polvere da sparo, unico elemento controllato, non è stata trovata neanche in forma di traccia.
Infine chiarisce che assemblare tre elementi di libera vendita non costituisce detenzione illegale anche se il prodotto finito assomiglia – ma non lo è – una munizione finita (lo dice anche la Cassazione in almeno due sentenze illuminate).
D’altronde anche i terroristi dilettanti sanno che caffettiere e pentole a pressione riempite di esplosivo diventano ordigni micidiali ma la presenza di pentole e caffettiere in casa non fa di per sé di ogni cittadino un potenziale terrorista.
Il PM comprende e chiede l’archiviazione perché il fatto non costituisce reato, la difesa si associa e il giudice chiude la storia con l’assoluzione con formula piena (art. 530 CPP) e la restituzione di quanto in sequestro.
Pierini si alza, è visibilmente emozionato ma non vuole darlo a vedere.
Da oggi si ricomincia a vivere.
Cosa accade adesso
Il Pierini è deciso a cercare un risarcimento del danno e FISAT ha deciso di aiutarlo; sa che sarà una cosa lunghissima e rischiosa – il sistema è architettato ad arte per non rifondere nessuno – ma troviamo che sia necessario tentare di perseguirla per evitare simili disgrazie ad altri cittadini onesti che oltre ad essere arrestati vengono sbattuti in prima pagina (ne accadono davvero tutti i giorni).
Si deve far qualcosa per far “mettere giudizio” a troppi pubblici ufficiali che per mettere una X sulla tabella operativa alla voce degli “arresti” distruggono con troppa nonchalance la vita di persone oneste, oltretutto sbandierando la notizia ai quattro venti (possono averlo fatto solo loro, il Pierini era dentro e giornalisti non aveva modo di vederne), marcando il malcapitato col timbro a fuoco del delinquente per cui finisci per perdere il lavoro, i clienti, la tua vita sociale perché solo i veri amici (e sono pochi) ti rimangono intorno.
Per questo vi chiedo – come presidente della FISAT – di supportarlo in ogni modo; dal giorno del fatto gli affari vanno sempre peggio, i militari della base sono spariti perché non vogliono aver rogne (cambiano marciapiede quando passano davanti al negozio); i clienti del softair spariti, tranne pochi amici veri, per lo stesso motivo.
Non ci piace fare pubblicità ai negozi ed infatti non la facciamo mai ma questa è un caso eccezionale: il negozio si chiama Seal Softair ed ha sede in Cameri (NO) Via Roma 7, il sito è
www.sealsoftair.it.
Un caso eccezionale perché il Pierini, la battaglia legale che lo attende, la farà anche per voi.
Se avete bisogno anche di un solo pallino da softair vi chiedo di acquistarlo una volta da lui o, almeno, di supportarlo moralmente mandandogli una email all’indirizzo
novara@cavalierifisat.it, perché ha deciso di diventare il responsabile di FISAT per la sua provincia.
Pensateci bene su prima di decidere che non è affar vostro perché ne va anche della vostra libertà; come appassionati nelle mani di gente che vede in ogni coltello un pugnale, in ogni fucile un mitra, in ogni fucile a pompa una lupara, in ogni softair un’arma micidiale o, quantomeno, un procurato allarme.
Simone Ciucchi – Presidente FISAT
"Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché in ciò sta l'essenza della dignità umana"
(Giovanni Falcone)