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Secondo Principio: Risolutezza

E' difficile, per un uomo "domestico", trasformarsi in un istante in uno che può prendere delle decisioni rapide e risolutive per reagire ad una improvvisa situazione violenta.
La maggior parte di noi non è abituata alle situazioni di emergenza violente - specialmente quelle che possono essere risolte da parte nostra solamente con l'uso della forza e della violenza - e queste emergenze richiedono un immane sforzo di volontà per trasformare se stessi da polli in falchi.
La risolutezza è, in qualche misura, come la prontezza, una caratteristica innata, ma, come pure la prontezza, può essere potenziata. In un combattimento formalizzato, al soldato vengono forniti (o almeno dovrebbero esserlo) degli ordini dall'alto. Nel caso della difesa personale, questi ordini devono essere autogenerati, ed è questo il problema.
Quando "si aprono le danze" - quando è diventato evidente che qualcuno ci sta affrontando con un attacco fisico violento - la nostra vita dipende unicamente dalla scelta di una corretta modalità di azione e dal metterla in pratica senza esitazioni o deviazioni. Non ci possono essere tentennamenti. Non c'è tempo. Ponderare può significare perire. Ed è importante ricordare che, in una qualche misura, la modalità di azione che scegliamo è meno importante del vigore con cui viene messa in atto.
La difficoltà sta nel fatto che la corretta modalità di azione, quando si è sotto attacco, è - di solito - il contrattacco. Ciò è contrario al nostro normale comportamento civile, e tale comportamento è piuttosto duro da adottare anche per una persona normalmente risoluta.
Quando si è a corto di esperienza personale, che la maggior parte di noi non accumulerà mai, il miglior modo di coltivare questa "risolutezza tattica" è di ragionare attraverso l'ipotesi:
"Cosa farei se. . . ?"
Pensando tatticamente, possiamo arrivare più facilmente a soluzioni tattiche corrette, e la pratica - anche se si tratta di una pratica puramente teorica - tende a produrre fiducia nelle nostre soluzioni e, di conseguenza, ci rende più facile (e perciò più rapido), arrivare ad una decisione.
La legge comune inglese, la sorgente del nostro sistema giuridico, stabilisce che si possono usare forza e violenza sufficienti per impedire ad un assalitore di infliggere la morte o lesioni gravi a noi stessi, a nostra moglie, ai nostri bambini, o a qualunque altro innocente. Non si può affrontare il proprio assalitore con l'intenzione di ucciderlo, e non si possono sferrare colpi non necessari, ma se qualcuno sta tentando di ucciderci, siamo giustificati se lo uccidiamo per fermarlo, se non c'è altro modo.
Ciò deve essere fatto più semplicemente possibile, e dal momento che la legge qui è molto ragionevole, non c'è bisogno che gli aspetti legali della difesa personale ci ritardino nel formulare una decisione difensiva e corretta.
Dobbiamo essere sicuri che il nostro assalitore sta tentando di ucciderci o menomarci, che è fisicamente in grado di farlo, e che noi non possiamo fermarlo senza abbatterlo. Queste condizioni possono essere accertate di solito in un batter d'occhio.
Poi si può procedere. (Per inciso, lo stupro è generalmente considerato "lesione grave" in questo contesto. Un uomo che chiaramente intende stuprare può essere ferito o ucciso per prevenire il compimento del suo scopo, qualora non sia sufficiente nessun intervento di minore entità).
Quindi, quando si è sotto attacco, è necessario valutare la situazione e decidere all'istante una modalità corretta d'azione, che deve immediatamente essere eseguita con tutta la forza che si può portare per realizzarla. Chi esita è davvero perduto.
Non tentennate.
Non ritardate.
Siate risoluti.

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